Il problema delle architetture storiche di alto prestigio e del loro attualizzante recupero è tra i più discussi e controversi che oggi si pongano nel contesto della città moderna. L’impegno responsabile di chi ne ha la proprietà, la gestione, la tutela e soprattutto di chi attende alla loro conservazione, restauro e riuso deve poggiare sulle sicure basi della conoscenza. Ma si può dire di conoscere un’opera che è giunta modificata o alterata; la cui identità è affidata a regole di logica matematica e di assonanza metrica; di cui si sono persi nel tempo i criteri interpretativi; il cui fine prioritario è quello di comunicare bellezza?
È la domanda alla base del lavoro che presentiamo.
Le opere che, dalla metà dell’XI secolo, si vengono componendo nella Piazza dei Miracoli a Pisa, allora città commerciale e crocevia culturale del Mediterraneo, sono un tema esemplare per percorrere le strade della conoscenza. Non un’architettura singola, ma un sistema. Non un’area artistica selettiva, ma un coacervo di culture che dialogano tra di loro. Non una realizzazione sincrona, ma un tempo di oltre tre secoli dalla posa della prima pietra della cattedrale alla conclusione del campanile. Elementi tutti che si pongono come straordinario campo di ricerca.
Un’unica mente ha concepito questo altrettanto unico insieme alla luce di una grammatica costruttiva che mutuava dalla classicità le norme del comporre e che traeva dalle Sacre Scritture e dal pensiero mistico giudaico i valori trascendenti da imporre. È quanto emerso dallo studio delle strutture, dall’analisi delle misure, dalla verifica – puntuale e insistita – delle proporzioni, dei ritmi, delle pause; è quanto derivato dalla certezza che il numero è la matrice emblematica della forma.
Ecco dunque l’esigenza di scavare a fondo nel processo compositivo, di aprire una via matematica all’esegesi dell’architettura, di decriptare il lessico delle pietre così che la loro dispositio – armonica consonanza di rapporti – suggerisca la trama metrica in cui si attua l’idea progettuale e restituisca la composita bellezza e le ragioni prime del complesso pisano.
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